Un tavolo provinciale permanente per affrontare la crisi e mettere a punto le strategie e le politiche più adatte per uscirne. È la richiesta avanzata oggi dalla Filca di Treviso all’Ance, l’Associazione nazionale costruttori edili, nel corso della tavola rotonda organizzata dalla federazione di categoria nel corso del suo Consiglio generale a Preganziol (Treviso).
“Dalla crisi di questi anni si esce solo impegnandoci tutti assieme – afferma Francesco Orrù, segretario generale della Filca trevigiana – . E’ necessario un tavolo permanente che metta a confronto periodicamente sindacati dei lavoratori, rappresentanti aziendali e istituzioni”. Quella di oggi a Preganziol è stata una sorta di “prova generale”. Seduti attorno a un tavolo c’erano Franco Conte, assessore provinciale all’Urbanistica, Franco Lorenzon, segretario generale Cisl Treviso, Claudio Cunial, presidente Ance Treviso, Antonio Ceron, presidente del Sicet Veneto e Francesco Orrù, segretario generale Filca Treviso.
Le conclusioni sono state affidate a Domenico Pesenti, segretario generale Filca, il coordinamento dei lavori a Laura Moro, coordinatrice per la formazione Filca Area Nordest. Al centro del dibattito, la domanda “Quale casa per il futuro?”, che coincide col titolo della ricerca realizzata su commissione della Filca e del Sicet e presentata da Federico Della Puppa, ricercatore dello Iuav. Una cosa è certa. Chiedersi “Quale casa per il futuro?” significa aprire un dibattito sull’edilizia del futuro. Parlare di casa, in una provincia che è la quinta in Veneto per numero di alloggi e la seconda per il minor numero di abitazioni non occupate sul totale (9,5% su un media regionale del 14,8%), vuol dire domandarsi dove sta andando e quale direzione deve prendere il settore edile.
Un settore in crisi, nel quale oggi la battuta d’arresto dei grandi costruttori ha portato alla frammentazione del tessuto produtti v o, con la prolificazione delle partite Iva e i relativi problemi legati alla necessità di garanzie di qualità da parte delle micro-imprese: “In questo senso – afferma Orrù – l’introduzione della cosiddetta patente a punti, ossia l’attribuzione di un punteggio a imprese e lavoratori autonomi, che viene decurtato in seguito a violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, è fondamentale”.