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RESTAURO, APPROVATO DDL PER L’ACCESSO ALLA PROFESSIONE. SINDACATI CHIEDONO MODIFICHE

RESTAURO, APPROVATO DDL PER L’ACCESSO ALLA PROFESSIONE. SINDACATI CHIEDONO MODIFICHE

È stato fatto un piccolo passo in avanti nell’annosa vicenda dell’accesso alla professione nel settore del restauro e della conservazione dei beni culturali. Nei giorni scorsi, infatti, il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge ad hoc, proposto del ministro per i Beni e le Attività Culturali, Giancarlo Galan. “Si tratta di un provvedimento che certamente non risolve i problemi – commenta Enzo Pelle, segretario nazionale della Filca-Cisl – e che necessita di modifiche. Ma la buona notizia è che si è finalmente sbloccata una situazione davvero esasperante e che tiene con il fiato sospeso decine di migliaia di lavoratori”. La vicenda è nota, e ruota intorno all’articolo 182 del Codice dei Beni Culturali che definisce in via transitoria i requisiti professionali abilitanti alle qualifiche di restauratore e di collaboratore restauratore. Le organizzazioni sindacali di categoria Filca-Cisl, Feneal-Uil e Fillea-Cgil chiedono da tempo che si segua un diverso percorso, coerente e condiviso, per la valutazione dei requisiti professionali dei 16.000 già iscritti alla procedura di selezione pubblica, attualmente sospesa in attesa di modifiche della normativa di riferimento.
“Recentemente – spiega Pelle – abbiamo presentato a istituzioni, forze politiche e parti sociali interessate una proposta che va nella direzione di arrivare a una sintesi rispetto al testo del disegno di legge del ministero ed alla proposta elaborata dal Partito Democratico, nell’ottica di non disperdere le professionalità esistenti e garantire la tutela del patrimonio culturale del Paese”. La soluzione prospettata sarebbe di garanzia perché, da una parte, metterebbe al riparo la maggioranza degli operatori del comparto dal rischio di esclusione dal mercato del lavoro e, dall’altro, sarebbe sostenibile per le finanze dello Stato in quanto eliminerebbe l’onerosa prova di idoneità. “In particolare – entra nel merito l’esponente della Filca nazionale – chiediamo l’individuazione, quali requisiti utili ai fini della qualifica, di quelli realmente espressi dagli operatori del comparto e maturati fino ad oggi; il riconoscimento professionale ope legis delle qualifiche affiancato all’introduzione di un sistema di punteggi al posto della prova di idoneità che quantifichi, su un’unica scala parametrale, i diversi percorsi formativi e le variegate esperienze lavorative svolte; l’istituzione di una Commissione composta dal ministero dei Beni Culturali e da quello dell’Istruzione, da Regioni e Parti Sociali, col compito di definire le linee guida di gestione della fase transitoria e, quindi, di tutta la procedura di selezione pubblica”.
La situazione del settore è difficile e per certi versi paradossale: “Se Michelangelo vivesse oggi non avrebbe la qualifica di restauratore!”, amano ripetere i diretti interessati, età media 32 anni e per i 4/5 donne. In Italia le imprese qualificate ad operare su beni artistici sottoposti a tutela sono 529. Negli ultimi anni la quota di Pil riservata a queste voci era pari allo 0,28%, il Governo recentemente ha annunciato il taglio di quasi 800 milioni di euro. Oltre il 50% dei lavoratori del comparto, infine, ha un contratto di lavoro autonomo (collaborazioni o partite Iva) che in realtà “nasconde” forme di vero e proprio lavoro dipendente e che agevola un’ampia diffusione della precarietà e del lavoro irregolare e sommerso. Una beffa che tutto ciò avvenga proprio nella Patria che tutto il mondo invidia per il Patrimonio artistico e culturale.

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