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MORTI BIANCHE: QUALE GIUSTIZIA?

MORTI BIANCHE: QUALE GIUSTIZIA?

Tivoli (Roma)
Tavola rotonda organizzata dalla Filca di Roma
Può ritenersi efficiente un sistema che in media effettua controlli nella stessa azienda ogni 30 anni? È mai possibile che per una sentenza i familiari delle vittime sul lavoro debbano aspettare, nella migliore delle ipotesi, 5-6 anni? Su queste domande si è sviluppata la Tavola rotonda (titolo “Morte ‘bianca’…. e poi giustizia?”) organizzata dalla Filca di Roma in occasione della Festa del Socio. Al dibattito sono intervenuti Antonio Melina (avvocato), Giuseppe Renato Croce (giudice), Eginardo Baron (ispettore Asl), Domenico Pesenti (segretario generale Filca-Cisl Nazionale), Franco Simeoni (segretario generale Cisl Lazio), Paolo Ivano Cuccello (segretario generale Filca-Cisl Lazio), Paolo Rigucci (segretario Cisl Roma) e Stefano Macale (segretario generale Filca-Cisl Roma).
“Il sistema giudiziario fa acqua – ha ammesso Croce – perché fornisce risposte tardive alle richieste di giustizia dei cittadini. Gli 8.000 magistrati in servizio sono assolutamente insufficienti a gestire la mole di lavoro”. L’avvocato Melina, legale della Filca di Roma, ha puntato il dito contro le difficoltà di raccolta delle testimonianze. “I colleghi di operai che si infortunano hanno sempre paura di ritorsioni, ma le loro testimonianze sono preziose per ricostruire la dinamica dell’incidente”. Di percezione del rischio ha parlato Baron: “Nel Lazio ci sono 12 Asl e 5 direzioni provinciali del lavoro – ha detto – ma se manca il coordinamento tra i soggetti interessati e senza cultura della sicurezza tra gli operai, i nostri sforzi risultano vani”. Sul fronte sindacale è stato sottolineata la scarsa sensibilità delle istituzioni al problema sicurezza: “Sono tutti bravi nelle dichiarazioni di principio – ha attaccato Simeoni – poi deludono nei fatti. Le leggi, però ci sono. Bisognerebbe applicarle e soprattutto vigilare sul loro rispetto”. Gli ha fatto eco Rigucci, che ha presentato un dato sconfortante: “L’ispettorato del lavoro di Roma – ha detto – può contare su una pianta organica di 675 persone, delle quali ben 300 sono in distacco o trasferite in altri uffici. Il personale davvero impiegato per le ispezioni è assolutamente insufficiente per la realtà romana”. “La formazione è di fondamentale importanza per un’inversione di tendenza – ha dichiarato Cuccello – e a mio parere andrebbe fatta già nelle scuole. Il sistema delle Scuole edili nel Lazio, comunque, funziona”.
“Nella Capitale – ha sottolineato Macale – un’azienda riceve in media un’ispezione ogni 33 anni. Ritengo indispensabile, per la diffusione della cultura della sicurezza, il ruolo e l’impegno profuso dagli Enti paritetici”. Infine Pesenti si è detto profondamente deluso dall’atteggiamento del Governo: “Il ministro Sacconi ha già dichiarato che intende cambiare il Testo Unico sulla Sicurezza, perché troppo punitivo nei confronti delle aziende. E qualche giorno fa con un emendamento a sorpresa è stato cancellato l’obbligo, previsto da un avviso comune del 2003 e poi dal decreto Bersani, di comunicare l’assunzione del lavoratore un giorno prima dell’inizio del lavoro. Norma che era stata introdotta come risposta alla percentuale spropositata di infortuni ‘del primo giorno’, che celavano quasi sempre rapporti di lavoro in nero. L’emendamento è un premio ai furbi e ai disonesti. Sono gli stessi imprenditori, quelli virtuosi, che dovrebbero indignarsi e ribellarsi. La lotta ai cantieri non sicuri resta una priorità della nostra azione – ha dichiarato – e infatti il nuovo contratto dell’edilizia punta molto su sicurezza e formazione, obbligatoria per i neo-assunti e per gli imprenditori. E se il Rapporto Annuale Inail 2008 parla di un calo degli infortuni mortali nel 2007, resta il fatto che ci sono state 1200 vittime sul lavoro, un dato indegno di un paese civile”.
Il costo sociale degli infortuni sul lavoro è pari a 40 miliardi di euro, che corrispondono a 3 finanziarie ed al 3% del Pil. Gli organi preposti ai controlli lamentano un calo dei finanziamenti (l’ultimo è previsto nel Dpef) e l’impossibilità a svolgere qualsiasi compito. Nel 2006 però lo Stato, grazie alle ispezioni, ha recuperato 1 miliardo e mezzo di contributi evasi. Secondo una ricerca, per ogni euro investito in ispezioni lo stato ne incasserebbe 40. Perché non alimentare questo circolo virtuoso?
Foto: un momento della Tavola rotonda
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Vanni Petrelli

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