Lingue

Cemento, l’industria italiana si espande in tutto il mondo

Cemento, l’industria italiana si espande in tutto il mondo

Roma
L’industria del cemento in Italia continua a distinguersi per alcune caratteristiche, oramai consolidate da tempo, quali una distribuzione capillare sul territorio nazionale dell’apparato produttivo che consente un contenimento dei costi di trasporto e grandi vantaggi per il mercato; un numero elevato di imprese, se paragonato al numero medio di aziende in altri mercati europei; un alto livello tecnologico che garantisce una qualità del prodotto superiore agli standard ed una speciale attenzione verso la salvaguardia dell’ambiente. Il settore, composto da 24 aziende e 93 unità, occupa circa 8.500 addetti ed ha prodotto, nel 2005, oltre 46 milioni di tonnellate di cemento, pari al 20% del totale del cemento prodotto nei Paesi Ue. Il cemento, in uscita dai luoghi di produzione, è diretto, come destinazione intermedia, verso il settore del calcestruzzo preconfezionato, che è il comparto di maggiore importanza, seguito dalle centrali di betonaggio: insieme assorbono circa il 50% del prodotto totale italiano. Il secondo settore di destinazione è quello della rivendita con circa il 23% seguito dalla prefabbricazione con circa il 12% e dalle imprese di costruzione, intorno al 7% ed infine da quello dei produttori di malte, intonaci e prodotti premiscelati con una quota attorno al 4%. Per ciò che concerne la destinazione finale del cemento, secondo un’indagine dell’Aitec (Associazione italiana tecnico economica cemento) pubblicata nel 2005, riferita agli anni 2003 e 2004, su un campione di 840 opere realizzate, il 36,1% della domanda di cemento proviene dal comparto dell’edilizia residenziale, il 30,4% dall’edilizia strumentale ed il 33,5% da opere pubbliche ed infrastrutture. Anche a livello europeo, il buon andamento medio del settore delle costruzioni, specialmente nelle opere pubbliche e nel residenziale nuovo, ha influenzato positivamente la domanda europea di cemento. Dall’indagine, sopra menzionata, nel 2004, i consumi di cemento nei Paesi dell’Unione europea, in seguito anche all’allargamento a 25, si sono aggirati intorno ai 225 milioni di tonnellate, con un incremento del 2,5% rispetto agli anni precedenti. Il principale mercato europeo del cemento è stato quello della Spagna, con 48 milioni di tonnellate, con un aumento dei consumi pari al 3,9%, seguito dall’Italia con oltre 46 milioni con un aumento del 6% e la Turchia che ha superato la Germania, paese in cui la domanda è diminuita del 4% circa. Si è registrato un buon andamento anche per la Francia, con un +6% e dei paesi del nord Europa, fatta eccezione dell’ Olanda e della Scandinavia. Trend negativo anche per Grecia e Portogallo. In Italia i maggiori Gruppi sono rappresentati da: Italcementi (della famiglia Pesenti), Buzzi-Unicem (della famiglia Buzzi), Cementir (di Francesco Gaetano Caltagirone), Colacem (della famiglia Colaiacovo), Sacci (della famiglia Federici), Zillo (della famiglia Zillo di Montexillo) e Rossi (della famiglia Rossi). “Queste sette aziende – afferma Paolo Acciai, segretario nazionale della Filca, responsabile del settore – con 69 unità producono circa l’80% del cemento nazionale”. “Inoltre, – aggiunge il segretario – sia Italcementi che Buzzi-Unicem, Cementir e Colacem hanno fatto importanti acquisizioni sia in Europa, in Paesi come Francia, Germania, e Danimarca, che nel resto del mondo come in Tunisia, Santo Domingo e Turchia”.

Claudio Sottile

Ma la produzione è a rischio con il Prtotocollo di Kyoto
Il Protocollo di Kyoto stabilisce impegni vincolanti per la riduzione dei gas ad effetto serra nei Paesi industrializzati e prevede meccanismi innovativi di mercato per una riduzione economicamente efficiente delle emissioni attraverso lo sviluppo di progetti dedicati a questo scopo in Paesi industrializzati, in quelli in via di sviluppo e con lo scambio internazionale di quote di emissioni che permetterà ai Paesi con vincoli in tale campo di negoziare le proprie quote (Emission Trading). Nel perimetro comunitario è stato preso l’impegno di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra dell’8% da suddividere tra tutti gli Stati membri della Ue: all’Italia è stato assegnato un obiettivo del 6,5%. A livello europeo è stata emanata la Direttiva 2003/87 che istituisce, appunto, un sistema per lo scambio di quote di emissione nella Comunità. “Per ciò che riguarda il settore del cemento – afferma Paolo Acciai – segretario nazionale Filca, sono state assegnate per il 2005, 25,73 mln/ton di CO2 che sono altamente insufficienti a coprire le necessità attuali stimate intorno a 30 mln/ton. Dobbiamo dire che sono state attribuite quoti inferiori alle emissioni del 2000 (26,24 mln/ton) quando la produzione del cemento era del 15% più bassa rispetto a quella attuale”. “Per rientrare in questo quadro – aggiunge il sindacalista Filca – dovrebbero chiudere 5 cementerie di media grandezza con circa 300 occupati l’una tra diretti ed indiretti; il costo dell’acquisto delle quote, inoltre, che si aggira intorno ai 20 euro per tonnellata, comporterebbe un aumento del costo di produzione”. “Un altro rischio – seguita Acciai – è quello che, essendo i Gruppi italiani (Italcementi, Buzzi-Unicem, Cementir e Colacem) presenti in tutto il mondo, si andrebbe a favorire la delocalizzazione in quelle zone dove non ci sono questo tipo di problemi”. Si deve dire che negli ultimi 10 anni c’è stata una continua evoluzione tecnologica dell’efficienza termica nel settore e ciò ha consentito un notevole miglioramento, riducendo le quantità di emissioni di CO2. La Filca, con la consulenza di Giuseppe D’Ercole e Laura Palomba, del Dipartimento Ambiente della Cisl, ha redatto un documento sull’attuazione del piano di riduzione delle emissioni, che nei primi giorni di maggio presenterà a Feneal-Uil e Fillea-Cgil per poter arrivare alla formulazione di una nuova proposta unitaria da presentare poi a Federmaco, l’associazione imprenditoriale delle aziende dei materiali da costruzione, e all’Aitec (associazione italiana tecnico economica cemento). Nel documento attuale della Filca-Cisl vengono proposte delle misure che rappresentano potenziali opzioni di intervento, quali un miglioramento del rendimento energetico del processo, conversione del processo in un altro più efficiente, sostituzione dei combustibili ad alta contenuto di carbonio con altri a più basso contenuto, utilizzo di combustibili derivati da rifiuti, che sarebbero altrimenti inceneriti o mandati in discarica con conseguente produzione di CO2 e CH4 (metano), gestione della Direttiva 2003/87 attraverso l’adozione di meccanismi flessibili di mercato, ed altro ancora.”L’uso dei rifiuti dotati di potere calorifero – afferma Acciai -è mediamente del 60% negli altri Paesi europei, mentre in Italia rappresenta meno del 6% del consumo energetico totale del settore, nonostante gli impianti produttivi siano dotati delle migliori tecnologie disponibili sul mercato. Se tali combustibili non convenzionali venissero usati, in misura maggiore di quella attuale, consentirebbero di coprire il 10-20% del fabbisogno termico annuale della nostra industria cementiera ed il potenziale di riduzioni di emissioni di CO2 sarebbe molto elevato, superando anche l’8% delle emissioni dirette”. Per promuovere costanti miglioramenti dell’efficienza ambientale dell’attività industriale è fondamentale impegnarsi a sviluppare lo schema Emas (Sistema di Ecogestione e Audit) del regolamento Cee 761/2001 per conseguire l’iscrizione nel registro europeo delle organizzazioni registrate Emas e l’utilizzo del Logo ambientale europeo attraverso alcuni punti: l’introduzione e attuazione di sistemi di gestione ambientale, la valutazione obiettiva, periodica e sistematica dell’efficacia di tali sistemi, l’informazione sulle prestazioni ambientali ed un dialogo aperto con il pubblico e le parti interessate. E’ importante, quindi, che sia costruito un rapporto continuo con le Regioni per omogeneizzare interventi e comportamenti anche per ciò che riguarda le disposizioni che ogni Amministrazione ha nel recupero energetico dei rifiuti. E’ altresì necessario che vi sia un coinvolgimento più specifico dei lavoratori e delle loro rappresentanze e per ciò che riguarda il “sistema della gestione della sicurezza” (Sgs), interna ad ogni unità produttiva, che dovrà essere integrata con le problematiche riguardanti l’ambiente dotandosi di procedure e figure specifiche, come ad esempio l’istituzione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e l’ambiente (Rlsa) trasformando così il “sistema” in “gestione della sicurezza e dell’ambiente”(Sgsa).

C.S.

Italcementi
Sede: Bergamo Storia e sviluppo: Fondata nel 1864 a Scanzo, nei pressi di Bergamo, arriva ad avere, nel giro di 2 anni, una produzione di 7 mila tonnellate di cemento e si amplia con l’acquisizione nel 1873 di una sua azienda concorrente. Agli inizi del ‘900 la gestione passa ai fratelli Pesenti e nel 1925 viene quotata in Borsa. Due anni dopo la società assume la sua attuale ragione sociale, con 33 cementerie ed una produzione di quasi 2 milioni di tonnellate, pari al 44% del mercato nazionale. All’inizio degli anni ’40, è Carlo Pesenti a dirigere l’azienda, incrementando notevolmente il suo sviluppo e la crescita dell’imprenditoria italiana. Al compimento dei 100 anni, nel 1964, Italcementi annovera 8 consociate e 28 stabilimenti con una produzione di 7,5 milioni di tonnellate. Nel 1984, alla scomparsa del padre, la guida è assunta da Giampiero Pesenti, ed il Gruppo ha intanto raggiunto una produzione di 14 milioni di tonnellate di cemento con 6.500 dipendenti. Alla fine degli anni ’80 l’azienda muove i primi passi verso l’internazionalizzazione. Ma è solo nei primi mesi del 1992, con l’acquisizione di Ciments Français, con un’azione che sorprende il mercato, che si realizza in un solo colpo il processo di globalizzazione della società, cambiando il profilo del gruppo: si arriva a 51 cementerie, 500 centrali di calcestruzzo ed oltre 20 mila dipendenti in 13 paesi diversi. Attualmente Italcementi è presente in 19 Paesi nel mondo, in quattro continenti: Europa: Albania, Cipro, Belgio, Bulgaria, Francia, Grecia, Italia, Spagna e Turchia. Asia: Kazakhstan, India, Sri Lanka, Tailandia. Africa: Egitto, Gambia, Mauritania, Marocco. Nord America: Canada e Stati Uniti. Numeri del Gruppo: Cementerie: 60 Centri di macinazione: 13 Terminali: 4 Cave di aggregati: 155 Impianti di produzione Calcestruzzo e centrali di betonaggio: 547 Trasporto via mare: 2 motonavi “Turbocem” (nave cementiera autoscaricante della portata di 5.500 tonnellate è impiegata nella tratta mediterranea); “White Shark” (della portata di 29.000 tonnellate, viene utilizzata prevalentemente sulla tratta atlantica). Dipendenti: 17.000 Produzione annua: oltre 48 milioni di tonnellate di cemento e circa 21 milioni di metri cubi di calcestruzzo. Fatturato 2004: oltre 4.200 milioni di euro. L’attività si focalizza principalmente sulla produzione del cemento (oltre il 60% del fatturato) e si integra con la produzione di calcestruzzo, aggregati e materiali per l’edilizia. Di questi giorni la notizia che il Gruppo sta rafforzando la sua presenza negli Stati Uniti nel cementificio di Martinsburg, in West Virginia, con un investimento pari a 320 milioni di dollari. I ricavi delle attività americane del Gruppo superano i 750 milioni di dollari, il 12% del giro d’affari complessivo. Il Gruppo Italcementi attraverso il suo Centro Tecnico ha creato uno dei centri ricerca sui materiali cementizi più importanti d’Europa e proprio da qui è nato il “Tx millenium”, un cemento speciale in grado di abbattere significativamente gli inquinanti atmosferici sfruttando la reazione innescata dalla luce solare. Con questo materiale innovativo è stata costruita la Chiesa Dives in Misericordia a Roma, la nuova sede Air France a Roissy, Francia e molti altri edifici.

C.S.

Buzzi-Unicem
Sede: Casale Monferrato (Alessandria) Storia e sviluppo Buzzi: Fondata nel 1907 dai fratelli Buzzi, inizia la produzione di cemento presso lo stabilimento di Trino (Vc). Nel 1923 nasce a Casale Monferrato (Al) un secondo cementificio che, a causa della sua ubicazione nel centro cittadino, interrompe la sua attività nel 1964. L’anno successivo, si inizia l’attività nella cementeria di Robilante (Cn) con una linea produttiva di 300 mila t/anno fino ad arrivare nel 1970 con una seconda linea che porta la capacità a 700 mila t/anno. Nel 1979 inizia l’espansione del gruppo all’estero, con l’acquisizione in joint venture della Alamo Cement in Texas. Due anni dopo si amplia la presenza all’estero con l’acquisizione in Messico di un’importante quota della Corporación Moctezuma. Nel 1990 viene costituita la Addiment Italia, una joint venture paritetica con la tedesca Hidelberg Cement. Nel corso del 1993 il gruppo passa ad una posizione di controllo in Alamo Cement ed in Messico, da una posizione di minoranza ad una paritaria. Nel 1997 avviene l’accordo per il rilievo di una quota del capitale ordinario della Unicem Spa che porterà dopo circa due anni alla fusione dei due gruppi. Nel 2003, l’acquisizione dell’azienda tedesca Dyckerhoff (della famiglia omonima) permette alla Buzzi-Unicem di espandersi in altri Paesi dell’Europa. Storia e sviluppo Unicem: Fondata nel 1872 dal geometra Luigi Marchino a Casale Monferrato (Al). Nel 1933 nasce la Unione Cementi Marchino & Co. dalla fusione con l’Unione Italiana Cementi con una produzione annua di 500 mila tonnellate. Nel 1969, a seguito della fusione della Saice e delle Cementeria di Augusta la denominazione sociale si modifica in Unicem e la capacità produttiva raggiunge i 3,4 milioni di t/anno. Nel 1979 entra nel mercato Usa acquisendo il 20% della River Cement nel Missouri e due anni più tardi acquista il 20% della Hercules Cement in Pennsylvania. Nel 1982 entra a far parte del gruppo la Signal Mountain Cement nel Tennessee. Nel frattempo acquisisce altre aziende anche in Italia espandendosi ancora. Nel 1986 nasce nello stabilimento di Guidonia (Rm) il Centro Ricerche. Durante il 1995 Unicem rileva da Italcementi il 33% di RC Cement, assumendo così il controllo totalitario delle attività operative gia svolte negli States (4 cementerie). Europa: Italia, Germania, Lussemburgo, Francia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Russia ed Ucraina. Resto del mondo: Stati Uniti d’America, Messico. Numeri del Gruppo: Cementerie: 35 Centri di macinazione: 6 Terminali di distribuzione e depositi: 40 Cave di aggregati: 32 Impianti di produzione Calcestruzzo e centrali di betonaggio: 485 Dipendenti: circa 12.000 Produzione annua: 32,2 milioni di tonnellate. Fatturato 2004: 2.771,6 milioni di euro.

C.S.

Colacem
Sede: Gubbio (Perugia) Storia e sviluppo: Nel dopo guerra la famiglia Colaiocovo inizia la produzione di mattonelle per pavimentazioni. Intorno agli anni ’60 acquisisce un vecchio impianto per la produzione del cemento a Ghigiano, nei pressi di Gubbio. La società denominata Colacem si espande, in breve tempo, sia in dimensione che come volume di vendite ed arriva ad essere una delle aziende protagoniste del settore a livello nazionale. Alla fine degli anni ‘90 iniziano gli investimenti all’estero per diversificare e seguire una politica di globalizzazione. Attualmente è presente in: Europa: Italia, Spagna, Albania e Montenegro Resto del mondo: Tunisi e Santo Domingo Numeri del Gruppo: Cementerie: 9 Centri di macinazione: 2 Terminali di distribuzione: 6 Cave di aggregati: 27 Impianti di produzione Calcestruzzo e di betonaggio: 125 Dipendenti: 1990 Produzione 2005: 6,4 milioni di tonnellate Fatturato 2004: 677 milioni di euro.

C.S.

Altre notizie