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POLTRONA FRAU, MARCHIO CEDUTO ALLA SOCIETA’ AMERICANA HAWORTH

POLTRONA FRAU, MARCHIO CEDUTO ALLA SOCIETA’ AMERICANA HAWORTH

Cibo, moda, e adesso anche design. La cessione alla società americana Haworth del celebre marchio Poltrona Frau è l’ennesimo colpo ad una delle eccellenze del panorama economico nazionale, e dimostra come il Made in Italy sia sempre meno tricolore e sempre più in mano straniera. Una cessione che, a detta del segretario nazionale della Filca-Cisl, Paolo Acciai, “dimostra il totale disinteresse della nostra classe imprenditoriale nel salvaguardare le proprie eccellenze”. Qui, però, la vendita agli stranieri è ancora più grave: “Il management di Poltrona Frau – spiega Acciai – è capitanato dall’ambasciatore del Made in Italy, Luca Cordero di Montezemolo, che se da un lato difende l’italianità del prodotto, dall’altro sembra interessato esclusivamente alle proprie entrate economiche. In questa vicenda – prosegue – le nostre relazioni industriali sono ridotte solo alla stampa, nel senso che apprendiamo le notizie dagli organi di informazione. Un fatto gravissimo ed inaudito. Per questo chiederemo subito un incontro non solo per difendere e salvaguardare i lavoratori, ma anche per sollecitare le forze politiche a darsi una ‘svegliata’ su quanto accade alle aziende nel nostro Paese”.
In cosa consiste l’operazione? Haworth ha annunciato l’acquisto del 58,6% del capitale di Poltrona Frau dai soci Charme Investments e Moschini al prezzo di 2,96 euro per azione, per poi lanciare un’Opa obbligatoria. Il 51,3% del capitale di Poltrona Frau era nel portafoglio di Charme (tra i soci ci sono lo stesso Montezemolo e Diego Della Valle), e il restante 7,3% in mano a Moschini. L’operazione dovrebbe essere perfezionata entro la fine di aprile, dopo il via libera da parte delle autorità antitrust. Nel ‘curriculum’ della Haworth, tra l’altro, c’è un precedente in Italia tutt’altro che positivo: la Castelli di San Giovanni in Persiceto (Bologna), attiva nella produzione di mobili per ufficio all’interno del gruppo americano, è stata recentemente messa in liquidazione dai proprietari, la holding tedesca Mutares. Una decisione comunicata ai sindacati con una telefonata e che mette seriamente a rischio 200 posti di lavoro.
Ma la Filca è impegnata sul fronte della tutela dell’italianità di un marchio anche sulla vicenda Ferretti: fece scalpore, due anni fa, la notizia della cessione del Gruppo ai cinesi dello Shandon heavy industry group-Weichai group. L’azienda leader nella produzione di yacht fu rilevata con annunci di rilancio e investimenti, ma dopo due anni lo scenario è completamente diverso. In questi giorni, infatti, i lavoratori sono in sciopero perché i vertici del Gruppo cinese, unilateralmente, hanno deciso di chiudere lo stabilimento di Forlì, obbligando 150 dei 200 dipendenti addetti alla produzione a trasferirsi in altri cantieri del gruppo (80 unità a Cattolica-Mondolfo e 70 a La Spezia) e mettendo in esubero i restanti 50.
“Queste vicende, che interessano anche aziende dei nostri settori – sottolinea Domenico Pesenti, segretario generale della Filca – dimostrano che il Made in Italy fa gola agli investitori stranieri interessati alla qualità ed alla spendibilità del marchio e del prodotto italiano. Ma gli stessi, però, sembrano ignorare le implicazioni sociali che l’investimento italiano comporta, e si sono spesso distinti per decisioni drastiche ed unilaterali, come insegna il caso Ferretti. A mio avviso – osserva Pesenti – occorre ‘fare squadra’ a livello nazionale, per fare insieme una battaglia che non è solo in difesa delle eccellenze italiane ma anche per la tutela dei lavoratori, spesso sacrificati in nome di discutibili operazioni finanziarie”, conclude il segretario generale della Filca.

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