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“LA QUESTIONE MERIDIONALE TORNI CENTRALE”

“LA QUESTIONE MERIDIONALE TORNI CENTRALE”

“La questione meridionale torni centrale” – Il quotidiano “La Sicilia” ha pubblicato un intervento di Salvatore Scelfo, segretario nazionale Filca-Cisl e responsabile del Dipartimento Legalità e Ambiente 
La recente visita del ministro Delrio a Catania e le sue considerazioni sul ritardo trentennale delel infrastrutture mi inducono a ribadire la mia convinzione: il riscatto nazionale non può non partire dal Sud. Può sembrare un’affermazione smentita dai fatti, ma è solo (ri)partendo dalla questione meridionale che tutta l’Italia può fare il tanto agognato salto di qualità. Tutti gli indicatori economici del Sud ci raccontano una situazione drammatica, difficile: nelle regioni meridionali il calo del Pil è stato doppio, in questi anni di crisi, rispetto al resto del Paese. Al Sud questo lungo, terrificante periodo di recessione economica è costato 700mila posti di lavoro. Parliamo quindi di un disagio sociale che ha colpito altrettante famiglie, milioni di persone.
Ma il popolo meridionale non è rassegnato, tutt’altro. Mortificato da una classe politica spesso inadeguata, se non corrotta, punito con infrastrutture degne di un Paese di “serie B”, incapace di godere i benefici delle ingenti risorse messe a disposizione dalla programmazione europea, che i politici non sono stati in grado di spendere, di utilizzare al meglio, le donne e gli uomini del Sud continuano a lottare, a sperare, a rimboccarsi le maniche. A questo punto, però, è davvero necessario uno  scossone, un impeto d’orgoglio. Il rischio di finire ai margini dell’Europa è serio, non è campato in aria. Alcuni dati economici sono simili a quelli della Grecia, non c’è da scherzare. Ma ripartire dal Sud vuol dire innanzitutto fare in modo che si affermi la legalità. In tutti i luoghi, a tutti i livelli. L’affermazione della legalità è imprescindibile da qualsivoglia discorso sul riscatto sociale, sulla ripresa, sulla speranza. Legalità, soprattutto tra i dirigenti pubblici, fa rima con qualità, con efficienza, con futuro.
La riscossa del Sud può e deve partire da una classe dirigente preparata, umile, onesta, pragmatica. È solo da questo momento che sarà possibile mettere in moto la macchina dello sviluppo: dotare il Sud di infrastrutture “europee” sarà la priorità, sia per rimettere in moto l’edilizia, che vale da sola l’11% del Pil, che per ridare dignità al Meridione. Grazie alle infrastrutture sarà possibile rendere più facilmente raggiungibile il Sud, che, non dimentichiamolo, è dotato di una risorsa importante, preziosa e, soprattutto, non esportabile: le bellezze naturalistiche e architettoniche. Nell’era della globalizzazione, della delocalizzazione, il turismo nelle regioni meridionali deve diventare la punta di diamante per l’intero territorio. Insieme all’industria manifatturiera ed alimentare, per citare i settori con maggiore vivacità.
Due illustri meridionalisti come Don Tonino Bello e Gaetano Salvemini, in tempi non sospetti l’avevano affermato: la questione meridionale è questione nazionale. Sviluppo e solidarietà, nei loro ragionamenti che ancora oggi, e per intere generazioni, sono stato un faro, diventano i parametri per esaminare la questione meridionale. Altro tema è quello della politica intesa come servizio, come la forma più alta e più esigente di carità. Una immagine che calza a pennello anche per l’impegno del sindacalista. È da qui che bisogna partire, dall’impegno sociale e dalla voglia di riscatto, per costruire solide basi per un futuro di crescita e benessere.

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