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ISTAT, LA PRODUTTIVITA’ IN ITALIA E’ FERMA DA 20 ANNI

ISTAT, LA PRODUTTIVITA’ IN ITALIA E’ FERMA DA 20 ANNI

La produttività in Italia è ferma da vent’anni. Nel periodo 1992-2011, quella totale dei fattori è aumentata ad un tasso annuo dello 0,5%. Tale incremento, spiega l’Istat, risulta da una crescita media dello 0,9% della produttività del lavoro e da una flessione dello 0,7% di quella del capitale. Nel 2011 il dato mostra una crescita dello 0,4%. Il dato 2011 segna un leggero calo rispetto alla media annua registrata nel periodo 1992-2011, con una crescita della produttività del lavoro dello 0,9%. Un incremento, ricorda l’Istat, la risultante di una crescita media dell’1,1% del valore aggiunto e dello 0,2% delle ore lavorate. La produttività totale dei fattori è salita dello 0,5%. La crescita complessiva del valore aggiunto registrata tra il 1992 e il 2011 (+1,1% medio annuo) è imputabile in misura simile all’accumulazione di capitale e all’aumento della produttività totale dei fattori (rispettivamente, per 0,6 e 0,5 punti percentuali). Limitato invece il contributo del fattore lavoro (+0,1 punti percentuali).
Questo dato conferma l’importanza di un accordo tra Esecutivo e parti sociali. Infatti Il Governo ha convocato imprese e sindacati per questo pomeriggio a Palazzo Chigi. Il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, a cui il premier Mario Monti ha affidato sin dall’inizio la “delega” sulla produttività, ha auspicato che “alla fine” ci sia “un accordo totale”, ma “comunque – ha detto – siamo già abbastanza allargati per andare avanti”.
L’ACCORDO SULLA PRODUTTIVITA’
L’intesa sulla produttività è “importante”, “auspichiamo che si arrivi tutti a firmare un accordo che vuole essere volano per lo sviluppo”e “ci auguriamo che il governo, entro l’anno, emani il decreto attuativo che dà il via alla detassazione dei salari legati alla produttività”, ha commentato il segretario generale aggiunto della Cisl, Giorgio Santini, nel corso di un incontro con la stampa a Bergamo.
La Cisl ha già formalizzato alle associazioni imprenditoriali la propria adesione e sottoscrizione all’accordo sulla produttività”. La conferma è arrivata dallo stesso segretario generale, Raffaele Bonanni. “La Cisl ha valutato positivamente il documento che è pienamente in linea e coerente con quanto e’ stato definito nella lunga e complessa trattativa tra tutte le associazioni imprenditoriali ed i sindacati. Questo accordo rappresenta certamente una iniezione di fiducia ed un segnale positivo per il paese, per i lavoratori e per le imprese. E’ sicuramente l’ inizio di una nuova stagione di relazioni sindacali che portera’ benefici complessivi sia al sistema economico italiano, sia alle buste paga dei lavoratori attraverso la detassazione del secondo livello di contrattazione, legata agli aumenti di produttività. In un momento in cui è fondamentale una convinta unita’ di intenti per dare slancio e competitivita’ al nostro sistema produttivo, le parti sociali hanno saputo trovare una sintesi responsabile che speriamo venga colta positivamente dalle istituzioni, dalle forze politiche e parlamentari”. “Il rafforzamento del secondo livello contrattuale – conclude Bonani – rappresenta per la Cisl il cuore di una strategia sindacale mirata all’aumento dei salari attraverso la diminuizione delle tasse per i lavoratori in un quadro di nuovi strumenti di partecipazione fondati sulla bilateralita’ . Una grande opportunita’ di crescita e di protagonismo per i lavoratori ed il sindacato”.
Anche la Uil ha deciso di firmare l’intesa sulla produttività, ma chiede al Governo la detassazione strutturale dei premi di produttività applicando un’imposta, sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali, al 10% sui redditi da lavoro dipendente fino a 40 mila euro lordi annui. “Solo a questa condizione – scrive la Uil l’accordo avrà un senso”. La segreteria nazionale della Uil al termine della valutazione sul documento sulla produttività – si legge in una nota – ha confermato il proprio parere favorevole all’intesa. A questo proposito la segreteria ha ribadito che la premessa del testo è parte integrante dell’accordo stesso. La portata di questa intesa, infatti, dipende dalla decisione del Governo di rendere strutturale la detassazione dei premi di produttività applicando un’imposta, sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali, al 10% sui redditi da lavoro dipendente fino a 40 mila euro lordi annui. “Solo a questa condizione – scrive la Uil – l’accordo avrà un senso e sarà in grado di contribuire all’avvio della crescita della produttività e della competitività in Italia. Si sollecita, pertanto, il Governo a procedere coerentemente e ad attuare i provvedimenti conseguenti. Tali provvedimenti sono considerati dalla Uil, conclude la nota, indispensabili a rendere esigibile l’accordo stesso”.
“L’intesa sulla produttività, rappresenta una coerente evoluzione degli accordi interconfederali 2009/11 e un positivo passo in avanti nella costruzione di relazioni sindacali più stabili e mature e di una contrattazione collettiva più vicina ai luoghi di lavoro e ai territori, più capace di favorire la crescita della produttività e il salario dei lavoratori”, ha dichiarato il segretario generale Fim Cisl, Giuseppe Farina. “L’intesa consente inoltre di concretizzare l’impegno del Governo ad una più robusta detassazione del salario aziendale. Le motivazioni portate dalla Cgil per giustificare, ad oggi, la sua contrarietà all’intesa sono pretestuose e prive di fondamento. Le legittime preoccupazioni, circa il rischio di ridimensionamento del ruolo del contratto nazionale nella difesa del potere d’acquisto e nella determinazione di minimi comuni per tutti i lavoratori, nei rispettivi settori contrattuali, sono state superate dalle modifiche unitariamente richieste ed ottenute. E il testo conclusivo è sostanzialmente lo stesso che la Cgil aveva già condiviso. Quello che l’intesa non poteva, e non può prevedere, è il rientro della Fiom nel tavolo delle trattative aperto con Federmeccanica per il rinnovo del Ccnl; ha sbagliato Fiom a pretenderlo e ancora di più la Cgil a chiederlo”. “La Fiom è fuori dal tavolo del contratto nazionale dei metalmeccanici – si legge ancora – perché ha smesso di fare sindacato buttandosi sostanzialmente nella politica, ideologica ed antagonista, fino ad apparire più che un sindacato, un movimento politico extra-parlamentare e quindi, chiamandosi fuori, in questo modo consapevolmente, dal contesto industriale e sindacale e dalla rappresentanza degli interessi dei lavoratori metalmeccanici. A riprova di ciò: la scarsa e insignificante adesione dei lavoratori metalmeccanici ai continui scioperi della Fiom e la perdita d’iscritti e di consensi tra i lavoratori”.
La Cgil non ci sta? “Non lo sappiamo, noi abbiamo lavorato tantissimo, erano tutti d’accordo il 17 di ottobre poi c’è stato qualche ripensamento strada facendo”, ha ribadito il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, rispondendo ad una domanda sull’eventuale mancata firma della Cgil al patto sulla produttività. “Mi auguro – ha spiegato – che alla fine prevalga il buonsenso poichè il paese, in una situazione drammatica come quella attuale dal punto di vista economico, ha bisogno di concordia, che tutte le parti sociali remino nella stessa direzione e che si riesca ad ottenere una firma totale”.
“Comunque noi – ha concluso Squinzi – abbiamo formulato con le altre associazioni datoriali un testo definitivo che non può più essere cambiato. So che alcune organizzazioni sindacali l’hanno già sottoscritto. Il mio sogno è di avere la firma di tutti”.

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