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TERREMOTO, LA FILCA IRPINA CHIEDE PREVENZIONE E MESSA IN SICUREZZA

TERREMOTO, LA FILCA IRPINA CHIEDE PREVENZIONE E MESSA IN SICUREZZA

Di seguito una nota di Mennato Magnolia, responsabile della Filca-Cisl Irpinia Sannio.

Una drammatica immagine del terremoto in Irpinia del 1980
Una drammatica immagine del terremoto in Irpinia del 1980

La novità politica del recente terremoto è che il governo non si è limitato a predisporre la ricostruzione dell’area, ma ha preso l’impegno, annunciando il progetto “Casa Italia”, di rendere antisismico tutto l’ambiente costruito nazionale che si trova in condizioni di vulnerabilità simili a quelle riscontrate nei comuni polverizzati.
Si tratta di circa il 70% degli edifici e di quasi metà del territorio italiano, secondo le stime della Protezione civile. Il Governo metterebbe al centro la cultura della prevenzione.
I primi numeri sul tavolo,  sono circa 12 miliardi di risorse già confluite sui quattro canali in cui il Governo intende declinare il piano di intervento a sostegno all’ammodernamento edilizio:  dissesto idrogeologico, edilizia scolastica, beni culturali e periferie.
Il cuore di Casa Italia sul quale è già partito il lavoro dei tecnici (a cominciare da quelli delle Infrastrutture e dell’Economia) – è l’allargamento e il potenziamento del “sismabonus”, lo stanziamento di risorse straordinarie dedicate a risolvere l’emergenza post terremoto in Centro Italia.
Per trasformare i principi della sicurezza e della prevenzione da buone intenzioni a realtà: un piano che impiegherebbe 2 miliardi l’anno per 20 anni.
Il terremoto del 1980 interessò  679 comuni, 506 danneggiati  e in Irpinia si ebbero i comuni tra i più disastrati. L’indice di misurazione della scala Mercalli segnava il massimo. Quasi 3000 morti, 280 mila le persone sfollate e destinate per alcuni decenni ad abitare in casette provvisorie in legno o in container adattati. Alcuni paesi come Conza della Campania per intero, attese la sua ricostruzione in altro sito in una Conza “provvisoria” in casette in legno prefabbricate.
Se si fa eccezione del costruito ex novo dopo il sisma del 1980, resta per la restante parte  tutta una valutazione e un timore sul patrimonio edilizio sia pubblico che privato che dopo 36 anni non è stato interessato da alcun intervento di adeguamento sismico. Secondo alcune stime ad Avellino il 60% degli edifici è stato costruito prima del terremoto del 23 novembre 1980 e per molti edifici anche pubblici v’è una agibilità solamente statica.
Anche nel contesto più ampio del progetto Casa Italia, e in Irpinia in particolare, occorre una mappa di rischio sismico relativa al costruito tanto pubblico che privato. Una mappatura capillare (fascicolo del fabbricato), sarebbe propedeutica per l’esatta azione di adeguamento antisismico e messa in sicurezza con carattere obbligatorio e vincolante all’edilizia pubblica. Il ricorso a Fondi europei, l’adeguamento dei piani urbanistici comunali e l’intervento programmato dello Stato tanto con stanziamenti diretti che con forti e più incisive agevolazioni fiscali sull’edilizia privata, all’interno di un sistema di norme certe e di controllo della qualità della spesa, rendere nei fatti concreta la prevenzione al rischio sismico e al dissesto idrogeologico.
Coinvolgendo alle istituzioni, le associazioni di categoria, dei tecnici, le parti sociali, in un’operazione certo complessa e di lungo periodo, consentirebbe la sicurezza da calamità con economie di gran lunga inferiori a quelle impiegate per la ricostruzione e ai costi per perdite  del patrimonio artistico e di vite umane.
Servirebbe infine anche a rilanciare il settore delle costruzioni che è ben lontano dall’uscita dalla crisi, che oltre a creare sviluppo  darebbe occupazione alle migliaia di lavoratori disoccupati.

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