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MORTI BIANCHE, NOVE ANNI PER UN RISARCIMENTO!

MORTI BIANCHE, NOVE ANNI PER UN RISARCIMENTO!

Giulio Pacitto: un nome che rappresenta un simbolo, anzi due. Giulio Pacitto: morto nel 1999 sul lavoro, in un cantiere edile, ed ucciso un’altra volta dalle incredibili lungaggini burocratiche di un processo penale divenuto un vero stillicidio. La storia di Giulio è drammatica, e dimostra in modo eloquente il fallimento del sistema giudiziario. A raccontarla, in una lettera dettagliata ed appassionata, è stato Andrea Cuccello, segretario della Filca-Cisl di Roma: “L’ 8 luglio del 1999 ero presso il cantiere dell’ospedale ‘Agostino Gemelli’ di Roma – scrive l’esponente della Filca romana – e stavo sostenendo un’assemblea unitaria con Feneal e Fillea. Durante lo svolgimento i rappresentanti sindacali di un altro cantiere, quello della Irti Lavori Spa, impegnati nella realizzazione del raddoppio della linea ferroviaria Roma-Viterbo, ci chiamarono, informandoci che si era verificato un gravissimo incidente ad un loro collega. Si trattava di Giulio, morto in ospedale quattro giorni più tardi dopo indicibili sofferenze”.
Il trafiletto sul quotidiano locale parlò di morte bianca. L’ennesima. Un destino che colpisce ogni anno più di 300 lavoratori dell’edilizia in tutta Italia. Ma per i familiari di Pacitto, moglie e sei figli, il dolore per la perdita improvvisa dell’uomo è stato amplificato, dilatato, reso ancora più insopportabile dall’umiliazione di un processo penale infinito. È ancora Cuccello a ricostruire le fasi di questo vergognoso esempio di mala giustizia: “Le indagini – spiega il segretario della Filca di Roma – iniziarono immediatamente sul luogo di lavoro e vennero coordinate dalla Procura della Repubblica presso la Pretura di Roma, con intervento della Asl e della Polizia Scientifica. A seguito della sopraggiunta morte tutto l’incartamento venne passato alla Procura del Tribunale Penale di Roma. Completate le indagini il procuratore del tribunale ha richiesto il giudizio sui fatti davanti al Giudice dell’Udienza Preliminare. Tutto ciò ha comportato circa un anno di lavoro. A questo punto il giudice ha stabilito di andare a giudizio davanti al Tribunale e di aprire il regolare processo, iniziato nel 2001. Il processo è durato quattro anni, quattro anni di istruttoria. Nel frattempo era sopraggiunto anche il fallimento della Irti Lavori Spa. Nel 2005 l’imputato, che era il capocantiere, è stato assolto con formula piena perché ‘il fatto non sussiste’. Il legale della famiglia Pacitto ha fatto domanda al Pubblico Ministero del Tribunale di Roma, affinché appellasse la sentenza di assoluzione, richiesta avanzata anche come parte civile dall’Inail e dai familiari di Pacitto. La curatela fallimentare della Irti Lavori Spa ha promosso appello incidentale chiedendo di essere estromessa dal processo. Nel frattempo venne applicata la legge ‘ex Cirielli’, che prevedeva che il Pubblico ministero non potesse appellare le sentenze di assoluzione. Il processo di fatto è stato bloccato per due anni in attesa che la Corte Costituzionale si pronunciasse sulla possibilità di appello da parte del Pm del tribunale per le sentenze di assoluzione: uno degli effetti delle famose leggi ‘ad personam’ di berlusconiana memoria. Per fortuna il responso è stato favorevole, ed il processo di appello è ripreso il 5 marzo scorso. Durante il dibattimento, però, sono state valutate alcune incongruenze non considerate nel giudizio di primo grado, e sono stati accettati tre nuovi testi. L’appello è stato quindi rinviato al 22 maggio prossimo”.
Un’altra tappa verso l’agognata giustizia. Umiliata anche dall’incredibile leggerezza con la quale vengono gestite udienze delicate come questa, affrontate tra una causa di mancato pagamento degli alimenti da parte di un marito e piccole truffe all’italiana. Se dopo 30 anni si è finalmente arrivati all’approvazione del decreto legislativo sulla sicurezza, forse sarebbe il caso di intervenire sui tempi della giustizia, troppo lunghi anche per casi drammatici come la storia di Giulio Pacitto. “Un vero amico – come lo ha definito Cuccello – un nostro socio, figura di uomo sereno e di grande lavoratore e piacevolissima persona”.

Vanni Petrelli

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