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LA SCOMPARSA DI LUIGI SBARRA – L’INTERVISTA

LA SCOMPARSA DI LUIGI SBARRA – L’INTERVISTA

Treviso
La sua storia raccontata in prima persona
Nato nel 1919 a Treviso, impegnato nell’Azione cattolica, dopo il diploma commerciale lavora come commesso fino allo scoppio della seconda guerra mondiale, allorché viene chiamato a prestare il servizio militare. Dopo l’8 settembre 1943, pur rimanendo nell’esercito, aiuta i partigiani. All’indomani della liberazione viene “assegnato” dai dirigenti della Dc a rappresentare la Csc nel settore degli edili, egemonizzato dai socialcomunisti. Con la scissione del 1948 diviene responsabile provinciale della categoria, insieme a quella del legno, nell’ambito della Lcgil e della Cisl. Dal 1949 al 1969, inoltre, è componente della segreteria nazionale degli edili, prima, poi del legno e infine della Filca. Per un decennio (dal 1954 al 1964) ricopre pure la carica di segretario organizzativo dell’Usp trevigiana. Nel 1969 lascia ogni incarico, provinciale e nazionale, nell’ambito della Filca e si dedica a tempo pieno alla guida del patronato della Cisl di Treviso. Dal 1980 assume diverse responsabilità nella federazione dei pensionati, prima a livello regionale, poi provinciale e infine comunale.
Sono nato il 24 dicembre 1919 a Treviso. Mio padre faceva il cameriere e tre dei miei fratelli lo hanno seguito in tale professione. Degli altri due fratelli, invece, uno era sarto e un altro dipendente di un’azienda di trasporti. Mio padre era stato un comunista, come la quasi totalità della categoria dei camerieri qui a Treviso. Nel 1921 era diventato il primo segretario locale del Pci. Fu anche il primo dirigente politico della città ad essere arrestato da parte dei fascisti. Era iscritto alla Cgdl, prima, e poi alla Cgil, ma nel 1950 si iscrisse alla Cisl. Nel 1953, quando morì, aveva in tasca la tessera di quest’ultima organizzazione (si era quindi spostato su posizioni socialdemocratiche). Anche mio fratello Gianni aderì alla Cisl e divenne il segretario della categoria degli alberghieri di Treviso.
Ho ricevuto un’educazione cattolica. Sono stato presidente dei giovani di Ac, poi dei seniores e direttore della schola cantorum della parrocchia di San Nicolò. Dopo aver conseguito il diploma commerciale, a quindici anni, trovai lavoro come commesso nel settore dell’abbigliamento. Nel 1944, dopo il bombardamento del 7 aprile (che fece 178 morti), ero militare qui a Treviso. Ero al reparto “osservazione” dell’ospedale militare e quando veniva qualche amico a fare la visita medica per ottenere la convalescenza, grazie ai due medici socialisti del reparto cercavo di “abbondare” con le licenze (90 o 180 giorni almeno). Dopo l’8 settembre mi sono nascosto ma poi sono ritornato in servizio all’ospedale militare di Biadene di Montebelluna (la denuncia per diserzione non ebbe quindi seguito). Non ho fatto il partigiano ma ho aiutato i partigiani, come del resto hanno fatto molti amici dell’Azione cattolica, tramite la Dc, che allora si stava organizzando.
Subito dopo la liberazione Domenico Sartor e Walter Piccolo mi assegnarono, nell’ambito della costituzione unitaria della Camera del lavoro di Treviso, la categoria più ‘rossa’ che c’era, quella degli edili. Così diventai funzionario a tempo pieno della Cdl, insieme a Silvio Zannol (tessili). Nella segreteria camerale c’erano il dottor Giordano Anselmi per la corrente cristiana, Bitto (detto Pagnocca) per quella comunista e il dott. Rustia per quella socialista. In seguito furono tutti sostituiti. Per la Csc, in particolare, ad Anselmi subentrò Domenico Sartor nel 1948.
Nella federazione dell’edilizia, su 7500 iscritti la Csc contava appena 400 adesioni, mentre nelle CI del settore raggiungevamo il 10% solo grazie a qualche piccolo stratagemma (ora lo posso anche dire: di notte andavo a manomettere le urne elettorali…). Partecipai al primo convegno nazionale sui consigli di gestione organizzato dalla Cgil a Milano. In quella circostanza la Csc aveva deciso di non inviare nessun rappresentante, non ricordo bene per quale motivo. Il segretario nazionale della Filea, un certo Benci, mi telefonò per chiedermi l’adesione almeno “a titolo personale”. Accettai, ma avvertendolo che avrei reagito a qualsiasi tentativo di strumentalizzare la mia presenza. E infatti, non appena comunicarono dal palco che ero lì in rappresentanza della Csc di Treviso, chiesi la parola e gliene dissi di tutti i colori. Dopodiché me ne tornai a Treviso.
In seguito alla rottura del 1948 i rapporti con i socialcomunisti furono a lungo durissimi. Noi cattolici eravamo forti soprattutto nella categoria dei tessili, dell’abbigliamento e del legno. Per il settore terra uscì dalla Cgil Agostino Ceccato, per gli alimentaristi Gabbin, per l’abbigliamento Italo Dotti, per l’edilizia il sottoscritto e per i tessili Silvio Zannol. Dei metalmeccanici non ricordo nessuno (erano quasi tutti ‘rossi’). Così costituimmo la Lcgil e poi la Cisl. Io fui eletto segretario generale degli edili, ma seguivo anche il legno. Successivamente preferii essere eletto segretario generale della Fullav, dal momento che nel legno avevamo un numero maggiore di iscritti (circa 6-700), pur continuando ad occuparmi anche degli edili.
Nel 1949 entrai a far parte pure della segreteria nazionale della Federedili. Nel 1955 fui eletto segretario aggiunto della Fullav e nel 1959 fui chiamato nel massimo organo esecutivo della Filca nazionale, pur conservando la responsabilità della federazione di Treviso e pur assumendo il ruolo di componente di segreteria dell’Usp, allora guidata da Nino Pavan (già dalla metà del decennio 1950). Anche Zannol e un certo Santoro furono eletti segretari provinciali dell’Unione. Io avevo l’incarico di occuparmi del settore organizzativo, Zannol di quello sindacale.
I rapporti con la Cgil, fino alla metà degli anni ’60 circa, furono sempre molto tesi. Non si faceva nessuna iniziativa unitaria, nemmeno in occasione del 1° maggio. Ricordo che nel 1949 organizzai il primo maggio a Conegliano: portammo in piazza 5000 persone e poi, alle otto e trenta di sera, illuminammo a giorno il castello… Nel 1954 si fece uno sciopero generale solo come Cisl (per il “conglobamento”) e venne a Treviso lo stesso Pastore.
Fui nominato vicepresidente della scuola edile provinciale, nonostante la Cgil fosse molto più rappresentativa di noi (il presidente dell’Ance, l’ing. Agostini, convinse la Cgil a votarmi perché – mi disse – non voleva un vicepresidente comunista). Riuscimmo ad ottenere anche la nomina del direttore e di due delle tre impiegate della cassa edile (una sola fu designata dalla Cgil). Quando si trattò di realizzare l’unificazione di edili e legno, noi della Fullav eravamo abbastanza restii a procedere in questa direzione perché temevamo di perdere la nostra autonomia, essendo quello del legno il sindacato più piccolo rispetto a quello degli edili. Gia con Cajelli, del resto, si era posto il problema… Poi decidemmo di aderire all’unificazione, ma mantenendo la distinzione anche statutaria dei “raggruppamenti”. Riuscimmo pure, in quella occasione, a portare nell’esecutivo parecchi rappresentanti del legno, vale a dire Giuseppe Agnoletto di Padova, Lievore di Vicenza, Filipazzi e Ancelotti di Milano, Bernardo Rocca di Brescia, Del Pane di Ravenna…
Sono rimasto nella segreteria nazionale della Filca fino al 1969, quando sono passato a tempo pieno all’Inas provinciale (di cui ero direttore già dal 1960) lasciando tutte le altre responsabilità nella Filca nazionale e in quella locale. Già dal 1964, peraltro, avevo lasciato la segreteria dell’Usp, che fu commissariata da Lino Bracchi. Andato in pensione nel 1980, fui eletto nella segreteria regionale dei pensionati. Nel 1985 passai in quella dell’Ust di Treviso. Conclusi i due mandati, ho continuato a far parte del consiglio generale territoriale fino al 2001. Da tale data faccio parte del consiglio direttivo dell’Avess, l’associazione corrispondente all’Antea a livello comunale.
Io ero schierato con Nino Pavan nel 1964 e quindi ero favorevole al mantenimento della compatibilità tra cariche sindacali e cariche parlamentari. Non ho partecipato a nessun corso lungo ma solo alle ‘settimane di aggiornamento’ confederali, sia come sindacalista che come direttore dell’Inas. Da componente della segreteria nazionale della Filca ho avuto modo di organizzare anche diversi convegni internazionali, di cui conservo ancora le foto. Quando lasciai la federazione nazionale fui sostituito da Toni Tiziano, mentre a Treviso passai il testimone a Isaia Beldì, che avevo assunto a tempo pieno all’inizio degli anni ’60. Nei primi anni Beldì era abbastanza tranquillo, ma poi si fece influenzare da Franco Bentivogli, il segretario della Fim. Così tentò di farmi fuori al congresso del 1965, ma non ce la fece (era Bentivogli in realtà che manovrava dietro le quinte…).
A Treviso la maggioranza degli iscritti della Filca, come ho detto, proveniva dal settore legno. Anche tra i fornaciai, comunque, avevamo un notevole numero di associati. A Castelfranco, all’inizio degli anni ’50, c’erano tre fornaci, due della Cgil e una nostra: sono riuscito a conquistarle tutte e tre alla Filca. Alla fine degli anni Cinquanta l’ 80% delle fornaci in provincia di Treviso erano tutte Cisl. A Spresiano, nel 1953, sono riuscito ad espugnare una grossa fabbrica del legno, la Lazzaris, dove la Cgil contava 350 iscritti e noi appena 40. Siccome il proprietario voleva chiuderla, l’abbiamo occupata come Cisl e l’abbiamo fatta acquisire dalla Dal Vera di Conegliano e dalla Bruseschi di Udine. Tramite Nino Pavan ero riuscito a contattare i due imprenditori e a concludere la transazione. In seguito i contratti nazionali del legno li facevamo io e Dal Vera, che era presidente nazionale degli industriali del settore. Poi, naturalmente, partecipavo anche alle trattative di tutti gli altri comparti rappresentati dalla Fullav (erano 12, se non sbaglio).
Negli anni ’60 era soprattutto Beldì che si occupava della categoria a livello provinciale, visto che io tenevo contemporaneamente diverse altre responsabilità in segreteria nazionale della Filca, in quella dell’Usp (fino al 1964), nell’Inas provinciale e anche all’Inps (ragione per cui mi ero ‘autosospeso’ – almeno formalmente – da direttore del patronato). In pratica mi limitavo a fare i comizi più importanti per la Filca provinciale, funzione per la quale ero assai apprezzato.
Per Bracchi noi trevigiani eravamo tutti cialtroni. Pure Ravizza era una brava persona, ma assai presuntuoso. Anch’io ho avuto parecchi screzi con lui, che era un grande alleato di Storti.
Secondo me anche negli anni ’50 e ’60 la Filca era una federazione autonoma, in quanto prendeva le sue decisioni senza dover passare attraverso la segreteria dell’Usp o della confederazione, naturalmente nell’ambito dello Statuto e dei regolamenti. Anche in rapporto alla Dc e alla gerarchia ecclesiastica vi era sostanziale autonomia, tant’è vero che nel 1959, mi pare, si verificò uno scontro durissimo tra Nino Pavan e il vescovo di Treviso a proposito delle lotte dei braccianti agricoli. La gerarchia non accettava che la Cisl fosse un sindacato aconfessionale. Secondo la curia trevigiana, poi, noi della Cisl non avremmo dovuto leggere né l’ “Unità” né l’ “Avanti”!
Quelle posizioni rivivono oggi nella Lega di Gentilini, contro il quale mio figlio, quando era segretario cittadino dei Ds, ha ingaggiato una battaglia tremenda. Poi, un anno e mezzo fa, ha lasciato i Ds perché non è riuscito a liberarli dall’egemonia degli ex comunisti e ha formato il gruppo misto. Io sono stato iscritto alla Dc (Forze nuove) fino al 1993. Poi non ho più aderito a nessun partito.Della componente carnitiana i principali rappresentanti in Filca erano, a livello nazionale, Pelachini di Milano e Oggero di Genova.

Ufficio stampa Filca nazionale

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