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LA CASA, UN AFFARE PER BENESTANTI

LA CASA, UN AFFARE PER BENESTANTI

La casa diventa sempre di più roba da ricchi. E’ vero per gli affitti, diventati nel corso degli anni sempre più cari a causa della speculazione immobiliare, e che oggi stanno provocando un’ondata di sfratti per morosità mai registrata che interessa circa 140mila famiglie. Ma è vero anche per gli acquisti, in particolare degli appartamenti piccoli, che costringono le famiglie a caricarsi di mutui pesantissimi in rapporto al bilancio domestico. Per averne conferma basta osservare alcuni dati.
In Italia, secondo l’Associazione dei Comuni (Anci), le famiglie in attesa di una casa popolare sono arrivate a toccare quota 650mila. Ogni domanda di casa popolare viene soddisfatta mediamente dopo almeno 3 anni. E l’80% delle famiglie sottoposte a sfratto lo è per morosità a causa di affitti insostenibili. Insomma è una vera e propria emergenza, quella provocata dal caro affitti. Emergenza che i sindacati degli inquilini, a cominciare dal Sicet-Cisl, denunciano da anni. Inascoltati equamente sia dai governi di centrodestra che da quelli di centrosinistra, occupati a discutere dalle più svariate riforme ad eccezione di quelle che servono veramente al Paese. Il 19 febbraio a Venezia l’Anci riunirà le amministrazioni civiche italiane per una conferenza nazionale sull’emergenza casa, chiedendo al Governo la riforma della legge sugli affitti, (la 431/98) che i sindacati inquilini chiedono da anni, e maggiori risorse per l’edilizia residenziale pubblica, che gli stessi sindacati  rivendicano da decenni.
Ad oggi il Governo ha confermato 200 milioni di euro a livello nazionale per nuove politiche abitative pubbliche, impegnando 300 milioni per i prossimi anni e 150 milioni per la costituzione del fondo immobiliare. Risorse piuttosto esigue che di certo non bastano a soddisfare la domanda di case aumentata con la crisi. Secondo l’Anci, negli anni ’80, l’edilizia pubblica messa in piedi dai governi Dc,  arrivava a sfornare 34mila nuovi alloggi l’anno, una cifra diminuita 1.900 case popolari l’anno negli anni ’90. Ad oggi c’è da registrare che il piano casa del Governo è rimasto fuori dal decreto ”milleproroghe” e non si sa quando verrà approvato, mentre dovrebbe passare la proroga degli sfratti (inserita nel decretone con un emendamento in zona cesarini sotto la spinta di sindacati e Anci).
Il punto di emergenza, secondo l’assessore alla casa del Comune di Milano Giovanni Verga, sono l’edilizia d’affitto e quella pubblica: ”dobbiamo ricostruire il mercato dell’affitto”, dice, e ”servono nuovi strumenti per tornare a contratti certi e una fiscalità completa”. ”Chiediamo al governo – dice l’assessore alle Politiche Abitative del Comune di Genova Bruno Pastorino – la riforma della legge 431/98 che sostituì l’equocanone introducendo il canone libero, poichè il mercato dell’affitto in questi anni ha fallito portando solo ad affitti esorbitanti”. Ed è proprio questo il punto che nessun Governo si decide ad affrontare. Mentre l’unico coniglio che cercano di tirare fuori dal cappello, da destra e da sinistra, è la cedolare secca sugli affitti che avvantaggia i grandi proprietari di immobili, e che guarda caso piace ai rappresentanti della categoria.
Passando dall’affitto all’acquisto il panorama non migliora di sicuro. Il più delle volte, infatti, acquistare una casa per un lavoratore dipendente significa indebitarsi fino al collo. E in Italia oltre la metà delle abitazioni viene comprata ricorrendo a un mutuo. Nell’ultimo anno il 53% di chi ha fatto il grande passo è andato a bussare alle porte di una banca.Una percentuale alta, ma ridotta rispetto ai primi anni del 2000, quando si sfiorava addirittura il 70%. In quattro anni si è consumata una caduta del 20%, con un balzo indietro che riporta agli anni Novanta. A tracciare l’andamento del mercato dei mutui è l’istituto di studi e ricerche di Scenari Immobiliari. I mutui ipotecari, secondo l’istituto, sono la moneta obbligata per chi acquista la prima casa, di taglio medio piccolo, con un prezzo che non supera i 250 mila euro: il 90% delle transazioni che avvengono sul mercato residenziale di valore medio-basso. Ma l’aumento dei prezzi delle case, che è andato di pari passo con l’aumento del costo della vita innescato dalla speculazione operata al momento del change-over lira euro, oltre ad aver messo in ginocchio le famiglie di lavoratori dipendenti e pensionati, ha gelato anche questo settore.
Molti acquirenti sono spariti, e molte banche hanno smesso di dare soldi a chi non è in grado di offrire le garanzie necessarie. La stretta sui tassi del 2006, poi, ha completato l’opera: da una parte facendo calare la percentuale delle compravendite sostenute da un mutuo al 53%, e dall’altra strozzando le famiglie che avevano basato l’acquisto delle quattro mura su strumenti a tasso variabile e che si sono viste lievitare le rate come le frittelle. La discesa dei mutui è un tonfo se si guarda al Centro-Sud. Qui in quattro anni il terreno perso arriva quasi a 20 punti percentuali. Basti pensare che al Mezzogiorno nel 2009 gli acquisti con prestito sono stati appena il 36% sul totale. Segno che se nel resto del paese la vacca del ceto medio è stata spremuta fino al midollo, al sud è ormai agonizzante. E dovrebbe far riflettere la conclusione del presidente di Scenari Immobiliari sulla distribuzione della ricchezza nel nostro Paese: ”Si è tornati al  mercato degli anni Novanta – dice Mario Breglia – compra la casa solo chi è più ricco e non ha bisogno di alcun aiuto finanziario per acquistare”.
(dal sito www.conquistedellavoro.it)

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