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EDILIZIA, TURRI: INTERVENIRE SU SICUREZZA NEI CANTIERI ED ETA’ PENSIONABILE

EDILIZIA, TURRI: INTERVENIRE SU SICUREZZA NEI CANTIERI ED ETA’ PENSIONABILE

Intervento di Franco Turri, segretario generale Filca-Cisl nazionale (pubblicato sul quotidiano “l’Unità” di sabato 30 luglio 2016)
I cantieri edili continuano a macchiarsi di sangue. Una scia inarrestabile, drammatica, che non risparmia nessuna zona d’Italia. L’ultima vittima è Giuseppe Marchiano, precipitato da un’impalcatura allestita intorno ad una palazzina di Carini, in provincia di Palermo. Una vicenda tragica e che lascia sbigottiti per due motivi: stando alle prime ricostruzioni il cantiere sarebbe totalmente abusivo, non c’era nessuna misura di sicurezza e il lavoratore non era in regola. Il secondo motivo forse indigna ancor di più: Giuseppe aveva 66 anni, dei quali 50 passati nei cantieri, quasi sempre senza contratto. Probabilmente per lui è stato fatale un malore. Due considerazioni: i controlli non sono mai troppi, ed è inconcepibile che ci possa essere un cantiere totalmente sconosciuto agli organi preposti. È davvero il momento di rilanciare la cultura della sicurezza, di abbandonare ogni alibi e di avviare una decisa, capillare, efficace azione per la sicurezza nei luoghi di lavoro. Ma l’età dell’edile tragicamente scomparso a Carini impone a tutti una riflessione: a 66 anni Giuseppe era ancora costretto a lavorare nei cantieri. Un lavoro duro, faticoso, usurante, rischioso. I lavori non sono uguali per tutti: il lavoro nel settore delle costruzioni, per esempio, è usurante per il fisico… ma non per la legge italiana. Da anni, insieme agli altri sindacati edili e ai sindacati confederali, chiediamo al governo di intervenire sull’età pensionabile di edili e cavatori, che a 67 anni continuano a sopportare carichi pesanti e a lavorare sulle impalcature, con rischi altissimi per l’incolumità propria e dei loro colleghi. Nei cantieri, nelle cave, l’età media dei lavoratori vittime di infortuni aumenta esponenzialmente ogni anno. Il confronto avviato dal governo con i sindacati confederali è apprezzabile, ma l’uscita pensionistica flessibile dei lavoratori di questi settori non deve comportare penalizzazioni economiche e previdenziali. Le risorse ci sono, e penso ai fondi contrattuali già accantonati. Le pensioni degli edili, inoltre, hanno importi tutt’altro che dignitosi, e viste le speranze di vita di gran lunga inferiori ai laureati, ne beneficiano per meno tempo. Nel 2015, per esempio, a 80 anni la quota di uomini laureati sopravviventi è del 69%, contro il 56% di chi ha al massimo la licenza media. Contraddizioni e ingiustizie delle quali la riforma delle pensioni deve tener conto. Per i lavoratori dell’edilizia noi avanziamo tre proposte semplici ma attuabili ed efficaci: l’uscita flessibile, ma senza penalizzazioni; un bonus contributivo che consenta di ottenere, ad esempio, 15 mesi di contributi a fronte di 12 mesi di lavoro; una sorta di ‘navetta contributiva’, che accompagni il lavoratore vicino alla pensione fino al traguardo agognato, con l’utilizzo di risorse pubbliche, contrattuali e degli enti bilaterali. Dopo una vita di sudore e fatica nei cantieri sarebbe un riconoscimento di grande dignità per il lavoro degli edili, e il governo scriverebbe una pagina di giustizia sociale importante e solenne a favore di questi lavoratori, che quotidianamente contribuiscono alla costruzione e alla crescita del Paese, dando al contempo speranze a tanti giovani in cerca di occupazione.

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