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COLLEFERRO (ROMA), SEQUESTRATO LO STABILIMENTO ITALCEMENTI

COLLEFERRO (ROMA), SEQUESTRATO LO STABILIMENTO ITALCEMENTI

Colleferro come Taranto? Nel paese in provincia di Roma i carabinieri del Noe, il Nucleo Operativo Ecologico, hanno sequestrato una parte dello stabilimento Italcementi per violazione delle norme che regolano le emissioni nocive. Nello stabilimento lavorano circa 150 dipendenti, 500 considerando l’indotto.
“Siamo ben lontani dal caso Ilva – dichiara Riccardo Gentile, segretario della Filca-Cisl nazionale – anche perché sembra che l’azienda sia in grado di dimostrare di aver messo gli impianti a norma, dopo i solleciti e le prescrizioni dei mesi scorsi. Ora i responsabili dell’impianto hanno a disposizione 10 giorni per mettersi in regola, ci auguriamo che si tratti davvero di un problema di comunicazione della documentazione”.
Secondo i rilievi dell’Arpa, l’Agenzia regionale protezione ambiente, più della metà dei camini utilizzati dal cementificio non sarebbe a norma ed emetterebbe sostanze nocive. Ieri il blocco della produzione ha interessato solo ”punti di emissione che non riguardano il principale processo di combustione, ma alcune fasi secondarie dell’attività produttiva”, come ha dichiarato la stessa Italcementi in una nota diffusa dopo l’intervento dei Noe.
“In Italia – spiega Gentile – è possibile bruciare pet-coke, lo stesso utilizzato a Colleferro, senza danni per l’ambiente, rispettando tutti i parametri imposti dalla normativa. Ma non bisogna dimenticare che sostituire il pet-coke con combustibili alternativi avrebbe un doppio vantaggio: ridurrebbe i costi per l’azienda e produrrebbe meno emissioni nocive. Non è un caso che all’estero il tasso di sostituzione sia pari al 25% con punte anche del 30%. In Italia, invece, siamo intorno al 6%”.
“Spesso – aggiunge il segretario della Filca nazionale – anche quando si opera per migliorare la qualità dell’ambiente nel quale i cementifici operano, dobbiamo scontrarci con le comunità locali, che guardano ai cementifici come nemici dell’ambiente e del territorio. Non è così”. È quello che è avvenuto a Monselice, per citare un esempio. Nella cittadina padovana erano previsti lavori al cementificio Italcementi, che prevedevano, tra le altre cose, la realizzazione di una torre alta 90 metri e numerosi altri interventi grazie ai quali sarebbe stato possibile abbattere le emissioni anche in vista dei nuovi parametri che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2013. Un’operazione, quella di ‘revamping’, osteggiata sia da parte dei sindaci dei 17 Comuni che, come Monselice, fanno parte del Parco dei Colli, che da due comitati di cittadini.
“Eppure produrre cemento senza inquinare è possibile, ed è quello che gli stabilimenti a norma fanno da sempre. Siamo i primi ad affermare che non può esserci ‘produzione a tutti i costi’, anche sacrificando l’ambiente. Ma è pur vero che se dovesse chiudere lo stabilimento Italcementi di Colleferro il territorio cadrebbe in una vera depressione economica. Una situazione nella quale sicuramente la tutela dell’ambiente non sarebbe la priorità, anzi. Senza parlare delle gravissime ripercussioni sociali in un territorio già messo in ginocchio dalla crisi”.

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